Demofoonte, Vienna, van Ghelen, 1733

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile interno nel carcere.
 
 TIMANTE ed ADRASTO
 
 TIMANTE
 Taci. E speri ch'io voglia,
 quando muore Dircea, serbarmi in vita,
 stringendo un'altra sposa? E con qual fronte
1015sì vil consiglio osi propor?
 ADRASTO
                                                  L'istessa
 tua Dircea lo propone. Ella ti parla
 così per bocca mia. Dice ch'è questo
 l'ultimo don che ti domanda.
 TIMANTE
                                                       Appunto
 perch'ella il vuol, non deggio farlo.
 ADRASTO
                                                                E pure...
 TIMANTE
1020Basta così.
 ADRASTO
                       Pensa signor...
 TIMANTE
                                                    Non voglio
 Adrasto altri consigli.
 ADRASTO
                                          Io per salvarti
 pietoso m'affatico...
 TIMANTE
 Chi di viver mi parla è mio nemico.
 ADRASTO
 
    Non odi consiglio?
1025Soccorso non vuoi?
 È giusto se poi
 non trovi pietà.
 
    Chi vede il periglio
 né cerca salvarsi
1030ragion di lagnarsi
 del fato non ha. (Parte)
 
 SCENA II
 
 TIMANTE e poi CHERINTO
 
 TIMANTE
 Perché bramar la vita? E quale in lei
 piacer si trova? Ogni fortuna è pena,
 è miseria ogni età. Tremiam fanciulli
1035d'un guardo al minacciar; siam giuoco adulti
 di fortuna ed amor; gemiam canuti
 sotto il peso degli anni; or ne tormenta
 la brama d'ottenere; or ne trafigge
 di perdere il timore; eterna guerra
1040hanno i rei con sé stessi; i giusti l'hanno
 con l'invidia e la frode; ombre, deliri,
 sogni, follie son nostre cure; e quando
 il vergognoso errore
 a scoprir s'incomincia, allor si muore.
1045Ah si muoia una volta...
 CHERINTO
                                              Amato prence
 vieni al mio sen. (L’abbraccia)
 TIMANTE
                                  Così sereno in volto
 mi dai gli estremi amplessi? E queste sono
 le lagrime fraterne
 dovute al mio morir?
 CHERINTO
                                          Che amplessi estremi,
1050che lagrime, che morte, il più felice
 tu sei d'ogni mortal. Placato il padre
 è già con te; tutto obbliò; ti rende
 la tenerezza sua, la sposa, il figlio,
 la libertà, la vita.
 TIMANTE
                                  A poco a poco
1055Cherinto per pietà. Troppe son queste,
 troppe gioie in un punto. Io verrei meno
 già di piacer, se ti credessi a pieno.
 CHERINTO
 Non dubbitar Timante.
 TIMANTE
                                             E come il padre
 cambiò pensier? Quando partì dal tempio
1060me con Dircea voleva estinto.
 CHERINTO
                                                        Il disse;
 e l'eseguia, che inutilmente ognuno
 s'affannò per placarlo. Io cominciavo,
 principe, a disperar, quando comparve
 Creusa in tuo soccorso.
 TIMANTE
                                            In mio soccorso
1065Creusa che oltraggiai!
 CHERINTO
                                           Creusa. Ah tutti
 di quell'anima bella
 tu non conosci i pregi. E che non disse,
 che non fe' per salvarti? I merti tuoi
 come ingrandì! Come scemò l'orrore
1070del fallo tuo! Per quante strade e quante
 il cor gli ricercò! Parlar per voi
 fece l'utile, il giusto,
 la gloria, la pietà. Sé stessa offesa
 gli propose in esempio
1075e lo fece arrossir. Quand'io m'avvidi
 che il genitor già vacillava, allora
 volo, il ciel m'inspirò, cerco Dircea;
 con Olinto la trovo; entrambi appresso
 frettoloso mi traggo; e al regio ciglio
1080presento in quello stato e madre e figlio.
 Questo tenero assalto
 terminò la vittoria. O sia che l'ira
 per soverchio avvampar fosse già stanca,
 o che allor tutte in lui
1085le sue ragioni esercitasse il sangue,
 il re cedé; si raddolcì; dal suolo
 la nuora sollevò; si strinse al petto
 l'innocente bambin; gli sdegni suoi
 calmò; s'intenerì; pianse con noi.
 TIMANTE
1090Oh mio dolce germano!
 Oh caro padre mio! Cherinto andiamo,
 andiamo a lui.
 CHERINTO
                              No. Il fortunato avviso
 recarti ei vuol. Si sdegnerà se vede
 ch'io lo prevenni.
 TIMANTE
                                   E tanto amore e tanta
1095tenerezza ha per me che fino ad ora
 la meritai sì poco! Oh come chiari
 la sua bontà rende i miei falli! Adesso
 gli veggo e n'ho rossor. Potessi almeno
 di lui col re di Frigia
1100disimpegnar la fé. Cherinto, ah salva
 l'onor suo tu che puoi. La man di sposo
 offri a Creusa in vece mia. Difendi
 da una pena infinita
 gli ultimi dì della paterna vita.
 CHERINTO
1105Che mi proponi, o prence! Ah per Creusa,
 sappilo alfin, non ho riposo. Io l'amo
 quanto amar si può mai. Ma...
 TIMANTE
                                                         Che?
 CHERINTO
                                                                     Non spero
 ch'ella m'accetti. Al successor reale
 sai che fu destinata. Io non son tale.
 TIMANTE
1110Altro inciampo non v'è?
 CHERINTO
                                              Grande abbastanza
 questo mi par.
 TIMANTE
                              Va'; la paterna fede
 disimpegna o german. Tu sei l'erede.
 CHERINTO
 Io?
 TIMANTE
          Sì. Già lo saresti
 s'io non vivea per te. Ti rendo, o prence,
1115parte sol del tuo dono
 quando ti cedo ogni ragione al trono.
 CHERINTO
 E il genitore...
 TIMANTE
                             E il genitore almeno
 non vedremo arrossir. Povero padre!
 Posso far men per lui? Che cosa è un regno
1120a paragon di tanti
 beni ch'egli mi rende?
 CHERINTO
                                            Ah perde assai
 chi lascia una corona.
 TIMANTE
 Sempre è più quel che resta a chi la dona.
 CHERINTO
 
    Nel tuo dono io veggo assai
1125che del don maggior tu sei;
 nessun trono invidierei
 come invidio il tuo gran cor.
 
    Mille moti in un momento
 tu mi fai svegliar nel petto
1130di vergogna, di rispetto,
 di contento e di stupor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 TIMANTE e poi MATUSIO con un foglio in mano
 
 TIMANTE
 Oh figlio, oh sposa, oh care
 parti dell'alma mia. Dunque fra poco
 v'abbraccierò sicuro. È dunque vero
1135che fino all'ore estreme
 senza più palpitar vivremo insieme.
 Numi, che gioia è questa! A pruova io sento
 che ha più forza un piacer d'ogni tormento.
 MATUSIO
 Prence, signor.
 TIMANTE
                              Sei tu Matusio? Ah scusa
1140se invano al mar tu m'attendesti.
 MATUSIO
                                                              Assai
 ti scusa il luogo in cui ti trovo.
 TIMANTE
                                                         E come
 potesti mai qui penetrar!
 MATUSIO
                                                 Cherinto
 m'agevolò l'ingresso.
 TIMANTE
                                         Ei t'avrà dette
 le mie felicità.
 MATUSIO
                             No. Frettoloso
1145non so dove correa.
 TIMANTE
                                      Gran cose, amico,
 gran cose ti dirò.
 MATUSIO
                                  Forse più grandi
 da me ne ascolterai.
 TIMANTE
                                       Sappi che in terra
 il più lieto or son io.
 MATUSIO
                                       Sappi che or ora
 scopersi un gran segreto.
 TIMANTE
                                                E quale?
 MATUSIO
                                                                   Ascolta
1150se la novella è strana.
 Dircea non è mia figlia. È tua germana.
 TIMANTE
 Mia germana Dircea? (Turbato)
 Eh tu scherzi con me.
 MATUSIO
                                          Non scherzo o prence;
 la cuna, il sangue, il genitor, la madre
1155hai comuni con lei.
 TIMANTE
                                      Taci. Che dici?
 Ah nol permetta il ciel.
 MATUSIO
                                            Fede sicura
 questo foglio ne fa.
 TIMANTE
                                     Che foglio è quello?
 Porgilo a me. (Con impazienza)
 MATUSIO
                            Sentimi pria. Morendo
 chiuso mel diè la mia consorte; e volle
1160giuramento da me che, tolto il caso
 che a Dircea sovrastasse alcun periglio,
 aperto non l'avrei.
 TIMANTE
                                    Quand'ella adunque
 oggi dal re fu destinata a morte,
 perché non lo facesti?
 MATUSIO
                                          Eran tant'anni
1165scorsi di già ch'io l'obbliai.
 TIMANTE
                                                   Ma come
 or ti sovvien?
 MATUSIO
                            Quando a fuggir m'accinsi
 fra le cose più care
 il ritrovai che trassi meco al mare.
 TIMANTE
 Lascia alfin ch'io lo vegga. (Come sopra)
 MATUSIO
                                                   Aspetta.
 TIMANTE
                                                                     Oh stelle!
 MATUSIO
1170Rammenti già che alla real tua madre
 fu amica sì fedel la mia consorte
 che in vita l'adorò, seguilla in morte?
 TIMANTE
 Lo so.
 MATUSIO
              Questo ravvisi
 reale impronto?
 TIMANTE
                                 Sì.
 MATUSIO
                                         Vedi ch'è il foglio
1175di propria man della regina impresso?
 TIMANTE
 Sì, non straziarmi più. (Come sopra)
 MATUSIO
                                             Leggilo adesso. (Gli porge il foglio)
 TIMANTE
 Mi trema il cor. (Legge) «Non di Matusio è figlia
 ma del tronco reale
 germe è Dircea. Demofoonte è il padre,
1180nacque da me. Come cambiò fortuna
 altro foglio dirà. Quello si cerchi
 nel domestico tempio a piè del nume,
 là dove altri non osa
 accostarsi che il re. Pruova sicura
1185eccone intanto; una regina il giura.
 Argia»
 MATUSIO
                Tu tremi o prence!
 Questo è più che stupor. Perché ti copri
 di pallor sì funesto!
 TIMANTE
 (Onnipotenti dei che colpo è questo!)
 MATUSIO
1190Narrami adesso almeno
 le tue felicità.
 TIMANTE
                            Matusio ah parti.
 MATUSIO
 Ma che t'affligge? Una germana acquisti
 ed è questa per te cagion di duolo?
 TIMANTE
 Lasciami per pietà, lasciami solo. (Si getta a sedere)
 MATUSIO
1195Quanto le menti umane
 son mai varie fra lor! Lo stesso evento
 a chi reca diletto, a chi tormento.
 
    Ah che né mal verace
 né vero ben si dà;
1200prendono qualità
 da' nostri affetti.
 
    Secondo in guerra o in pace
 trovano il nostro cor,
 cambiano di color
1205tutti gli oggetti. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 TIMANTE solo
 
 TIMANTE
 Misero me! Qual gelido torrente
 mi ruina sul cor! Qual nero aspetto
 prende la sorte mia! Tante sventure
 comprendo alfin; perseguitava il cielo
1210un vietato imeneo. Le chiome in fronte
 mi sento sollevar. Suocero e padre
 m'è dunque il re! Figlio e nipote Olinto!
 Dircea moglie e germana! Ah qual funesta
 confusion d'opposti nomi è questa.
1215Fuggi, fuggi Timante. Agli occhi altrui
 non esporti mai più. Ciascuno a dito
 ti mostrerà. Del genitor cadente
 tu sarai la vergogna; e quanto, oh dio,
 si parlerà di te. Tracia infelice
1220ecco l'Edipo tuo. D'Argo e di Tebe
 le furie in me tu rinnovar vedrai.
 Ah non t'avessi mai
 conosciuta Dircea. Moti del sangue
 eran quei ch'io credevo
1225violenze d'amor. Che infausto giorno
 fu quel che pria ti vidi! I nostri affetti
 che orribili memorie
 saran per noi! Che mostruoso oggetto
 a me stesso io divengo! Odio la luce;
1230ogn'aura mi spaventa; al piè tremante
 parmi che manchi il suol; strider mi sento
 cento folgori intorno e leggo, oh dio,
 scolpito in ogni sasso il fallo mio.
 
 SCENA V
 
 CREUSA, DEMOFOONTE, ADRASTO con OLINTO per mano e DIRCEA, l’uno dopo l’altro da parti opposte, e detto
 
 CREUSA
 Timante.
 TIMANTE
                    Ah principessa, ah perché mai
1235morir non mi lasciasti?
 DEMOFOONTE
                                             Amato figlio.
 TIMANTE
 Ah no; con questo nome
 non chiamarmi mai più.
 CREUSA
                                                Forse non sai...
 TIMANTE
 Troppo, troppo ho saputo.
 DEMOFOONTE
                                                  Un caro amplesso
 pegno del mio perdon... Come! T'involi
1240dalle paterne braccia!
 TIMANTE
 Ardir non ho di rimirarti in faccia.
 CREUSA
 Ma perché?
 DEMOFOONTE
                         Ma che avvenne?
 ADRASTO
                                                           Ecco il tuo figlio, (A Timante)
 consolati signor.
 TIMANTE
                                 Dagli occhi Adrasto
 toglimi quel bambin.
 DIRCEA
                                          Sposo adorato.
 TIMANTE
1245Parti, parti Dircea.
 DIRCEA
                                     Da te mi scacci
 in dì così giocondo?
 TIMANTE
 Dove, misero me, dove m'ascondo?
 DIRCEA
 Ferma.
 DEMOFOONTE
                 Senti.
 CREUSA
                               T'arresta.
 TIMANTE
                                                   Ah voi credete
 consolarmi, crudeli, e m'uccidete.
 DEMOFOONTE
1250Ma da chi fuggi?
 TIMANTE
                                  Io fuggo
 dagli uomini, da' numi,
 da voi tutti e da me.
 DIRCEA
                                        Ma dove andrai?
 TIMANTE
 Ove non splenda il sole,
 ove non sian viventi, ove sepolta
1255la memoria di me sempre rimanga.
 DEMOFOONTE
 E il padre?
 ADRASTO
                        E il figlio?
 DIRCEA
                                             E la tua sposa?
 TIMANTE
                                                                          Oh dio
 non parlate così. Padre, consorte,
 figlio, german son dolci nomi agli altri;
 ma per me sono orrori.
 CREUSA
                                             E la cagione?
 TIMANTE
1260Non curate saperla.
 Scordatevi di me.
 DIRCEA
                                   Deh per quei primi
 fortunati momenti in cui ti piacqui...
 TIMANTE
 Taci Dircea.
 DIRCEA
                         Per quei soavi nodi...
 TIMANTE
 Ma taci per pietà. Tu mi trafiggi
1265l'anima e non lo sai.
 DIRCEA
                                       Già che sì poco
 curi la sposa, almen ti muova il figlio.
 Guardalo, è quell'istesso
 ch'altre volte ti mosse;
 guardalo; è sangue tuo.
 TIMANTE
                                             Così nol fosse.
 DIRCEA
1270Ma in che peccò? Perché lo sdegni? A lui
 perché nieghi un sguardo? Osserva, osserva
 le pargolette palme
 come solleva a te, quanto vuol dirti
 con quel riso innocente.
 TIMANTE
                                              Ah se sapessi,
1275infelice bambin, quel che saprai
 per tua vergogna un giorno,
 lieto così non mi verresti intorno.
 
    Misero pargoletto
 il tuo destin non sai.
1280Ah non gli dite mai
 qual era il genitor.
 
    Come in un punto, oh dio,
 tutto cambiò d'aspetto!
 Voi foste il mio diletto,
1285voi siete il mio terror. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DEMOFOONTE, DIRCEA, CREUSA, ADRASTO
 
 DEMOFOONTE
 Sieguilo Adrasto. Ah, chi di voi mi spiega
 se il mio Timante è disperato o stolto.
 Ma voi smarrite in volto,
 mi guardate e tacete. Almen sapessi
1290qual rovina sovrasta,
 qual riparo apprestar. Numi del cielo
 datemi voi consiglio;
 fate almen ch'io conosca il mio periglio.
 
    Odo il suono de' queruli accenti;
1295veggo il fumo che intorbida il giorno;
 strider sento le fiamme d'intorno;
 né comprendo l'incendio dov'è.
 
    La mia tema fa 'l dubbio maggiore;
 nel mio dubbio s'accresce il timore,
1300tal ch'io perdo, per troppo spavento,
 qualche scampo che v'era per me. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 DIRCEA e CREUSA
 
 CREUSA
 E tu Dircea che fai? Di te si tratta,
 si tratta del tuo sposo. Appresso a lui
 corri, cerca saper... Ma tu non m'odi?
1305Tu le attonite luci
 non sollevi dal suol? Dal tuo letargo
 svegliati alfin. Sempre il peggior consiglio
 è il non prenderne alcun. S'altro non sai
 sfoga il duol che nascondi,
1310piangi, lagnati almen, parla, rispondi.
 DIRCEA
 
    Che mai risponderti,
 che dir potrei?
 Vorrei difendermi,
 fuggir vorrei;
1315né so qual fulmine
 mi fa tremar.
 
    Divenni stupida
 nel colpo atroce.
 Non ho più lagrime;
1320non ho più voce;
 non posso piangere;
 non so parlar. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 CREUSA sola
 
 CREUSA
 Qual terra è questa! Io perché venni a parte
 delle miserie altrui! Quante in un giorno,
1325quante il caso ne aduna! Ire crudeli
 tra figlio e genitor, vittime umane,
 contaminati tempi,
 infelici imenei; mancava solo
 che tremar si dovesse
1330senza saper perché. Ma troppo, o sorte,
 è violento il tuo furor. Conviene
 che passi o scemi. In così rea fortuna
 parte è di speme il non averne alcuna.
 
    Non dura una sventura
1335quando a tal segno avanza.
 Principio è di speranza
 l'eccesso del timor.
 
    Tutto si muta in breve.
 E il nostro stato è tale,
1340che, se mutar si deve,
 sempre sarà miglior. (Parte)
 
 SCENA IX
 
  Luogo magnifico nella reggia festivamente adornato per le nozze di Creusa.
 
 TIMANTE e CHERINTO
 
 TIMANTE
 Dove, crudel, dove mi guidi? Ah queste
 liete pompe festive
 son pene a un disperato.
 CHERINTO
                                               Io non conosco
1345più il mio german. Che debolezza è questa
 troppo indegna di te? Senza saperlo
 errasti alfin; sei sventurato, è vero,
 ma non sei reo. Qualunque male è lieve
 dove colpa non è.
 TIMANTE
                                  Dall'opre il mondo
1350regola i suoi giudizi. E la ragione,
 quando l'opra condanna, indarno assolve.
 Son reo purtroppo; e, se finor nol fui,
 lo divengo vivendo. Io non mi posso
 dimenticar Dircea. Sento che l'amo;
1355so che non deggio. In così brevi istanti
 come franger quel nodo
 che un vero amor, che un imeneo, che un figlio
 strinser così? Che le sventure istesse
 resero più tenace? E tanta fede?
1360E sì dolci memorie?
 E sì lungo costume? Oh dio Cherinto,
 lasciami per pietà. Lascia ch'io mora
 finché sono innocente.
 
 SCENA X
 
 ADRASTO, poi MATUSIO, indi DIRCEA con OLINTO, e detti
 
 ADRASTO
                                            Il re per tutto
 ti ricerca, o Timante. Or con Matusio
1365dal domestico tempio uscir lo vidi.
 Ambo son lieti in volto
 né chiedon che di te.
 TIMANTE
                                         Fuggasi. Io temo
 troppo l'incontro del paterno ciglio.
 MATUSIO
 Figlio mio, caro figlio. (Abbracciandolo)
 TIMANTE
                                            A me tal nome!
1370Come? Perché?
 MATUSIO
                                Perché mio figlio sei,
 perché son padre tuo.
 TIMANTE
                                          Tu sogni... Oh stelle!
 Torna Dircea.
 DIRCEA
                            No; non fuggirmi, o sposo;
 tua germana io non son.
 TIMANTE
                                               Voi m'ingannate
 per rimetter in calma il mio pensiero.
 
 SCENA XI
 
 DEMOFOONTE con seguito e detti
 
 DEMOFOONTE
1375Non t'ingannan, Timante, è vero, è vero.
 TIMANTE
 Se mi tradiste adesso
 sarrebbe crudeltà.
 DEMOFOONTE
                                    Ti rassicura.
 No, mio figlio non sei. Tu con Dircea
 fosti cambiato in fasce. Ella è mia prole,
1380tu di Matusio. Alla di lui consorte
 la mia ti chiese in dono. Utile al regno
 il cambio allor credé. Ma quando poi
 nacque Cherinto, al proprio figlio il trono
 d'aver tolto s'avvide; e a me l'arcano
1385non ardì palesar, che troppo amante
 già di te mi conobbe. All'ore estreme
 ridotta alfin, tutto in due fogli il caso
 scritto lasciò. L'un diè all'amica; e quello
 Matusio ti mostrò; l'altro nascose;
1390ed è questo che vedi.
 TIMANTE
                                         E perché tutto
 nel primo non spiegò?
 DEMOFOONTE
                                            Solo a Dircea
 lasciò in quello una pruova
 del regio suo natal. Bastò per questo
 giurar ch'era sua figlia. Il gran segreto
1395della vera tua sorte era un arcano
 da non fidar che a me, perch'io potessi
 a seconda de' casi
 palesarlo o tacerlo. A tale oggetto
 celò quest'altro foglio in parte solo
1400accessibile a me.
 TIMANTE
                                  Sì strani eventi
 mi fanno dubbitar.
 DEMOFOONTE
                                      Troppo son certe
 le pruove, i segni; eccoti il foglio in cui
 di quanto ti narrai la serie è accolta.
 TIMANTE
 Non deludermi, o sorte, un'altra volta. (Prende il foglio e legge fra sé. Intanto)
 
 SCENA ULTIMA
 
 CREUSA e detti
 
 CREUSA
1405Signor, veraci sono
 le felici novelle, onde la reggia
 tutta si riempì?
 DEMOFOONTE
                                Sì principessa.
 Ecco lo sposo tuo. L'erede, il figlio
 io ti promisi; ed in Cherinto io t'offro
1410ed il figlio e l'erede.
 CHERINTO
                                       Il cambio forse
 spiace a Creusa.
 CREUSA
                                 A quel che il ciel destina
 invan farei riparo.
 CHERINTO
 Ancora non vuoi dir ch'io ti son caro!
 CREUSA
 L'opra stessa il dirà.
 TIMANTE
                                        Dunque son io
1415quel innocente usurpator di cui
 l'oracolo parlò!
 DEMOFOONTE
                              Sì. Vedi come
 ogni nube sparì. Libero è il regno
 dall'annuo sagrificio; al vero erede
 la corona ritorna; io le promesse
1420mantengo al re di Frigia,
 senza usar crudeltà; Cherinto acquista
 la sua Creusa, ella uno scettro; abbracci
 sicuro tu la tua Dircea; non resta
 una cagion di duolo;
1425e scioglie tanti nodi un foglio solo.
 TIMANTE
 Oh caro foglio! Oh me felice! Oh numi
 da qual orrido peso
 mi sento allegerir! Figlio, consorte
 tornate a questo sen; posso abbracciarvi
1430senza tremar.
 DIRCEA
                            Che fortunato istante!
 CREUSA
 Che teneri trasporti!
 TIMANTE
                                         a' piedi tuoi (S’inginocchia)
 eccomi un'altra volta
 mio giustissimo re. Scusa gli eccessi
 d'un disperato amor. Sarò, lo giuro,
1435sarò miglior vassallo
 che figlio non ti fui.
 DEMOFOONTE
                                       Sorgi; tu sei
 mio figlio ancor. Chiamami padre. Io voglio
 esserlo fin che vivo. Era finora
 obbligo il nostro amor; ma quindi innanzi
1440elezzion sarà. Nodo più forte
 fabbricato da noi, non dalla sorte.
 CORO
 
    Par maggiore ogni diletto,
 se in un'anima si spande
 quand'oppressa è dal timor.
 
1445   Qual piacer sarà perfetto,
 se convien per esser grande
 che cominci dal dolor?
 
 FINE DEL DRAMMA
 
 Siegue il ballo di dame frigie e cavalieri traci.
 
 
 LICENZA
 
 Che le sventure, i falli,
 le crudeltà, le violenze altrui
1450servano in dì sì grande
 di spettacol festivo agli occhi tuoi
 non è strano o signor. Gli opposti oggetti
 rende più chiari il paragon. Distingue
 meglio ciascun di noi
1455nel mal che gli altri oppresse il ben ch'ei gode;
 e il ben che noi godiam tutto è tua lode.
 A morte una innocente
 mandi il trace inumano, ognun ripensa
 alla giustizia tua. Frema e s'irriti
1460de' miseri al priegar, rammenta ognuno
 la tua pietà. Barbaro sia col figlio,
 ciascun qual sei conosce
 tenero padre a noi. Qualunque eccesso
 rappresentin le scene, in te ne scuopre
1465la contraria virtù. L'ombra in tal guisa
 ingegnoso pennello al chiaro alterna;
 così artefice industre,
 qualor lucida gemma in oro accoglie,
 fosco color gli sottopone; e quella
1470presso al contrario suo splende più bella.
 
    Aspira a facil vanto
 chi l'ombre, onde maggior
 si renda il tuo splendor,
 trovar desia.
 
1475   Luce l'antica età
 chiara così non ha
 che alla tua luce accanto
 ombra non sia.
 
 FINE